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Piante officinali
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Prunus

 

Sottoclasse: ROSIDAE
Ordine: ROSALES
Famiglia: ROSACEAE, A.L. de Jussieu
Subfamiglia: Prunoideae
Genere: PRUNUS
Subgenere:Cerasus, Adans.
Specie: Prunus avium L.
Sinonimi: Cerasus avium Moench
Nom. com. Ciliegio selvatico, C. dolce

Descrizione, morfologia:
é una delle latifoglie nobili dei nostri boschi; albero medio, deciduo a rapido accrescimento, con tronco slanciato, a chioma piramidale da giovane, piuttosto rada, poi con l'età più tondeggiante; normalmente in bosco raggiunge i 20–25 m d'altezza ma in condizioni stazionali ottime anche i 30 m..Pianta non molto longeva 100-150 anni; molto pollonifera e se ceduata ricaccia con vigoria formando piccole macchie di piantine derivate da polloni radicali, ha crescita di tipo monopodiale per tutta la vita.
La corteccia, da giovane è liscia rossastra e grigia in fasce orizzontali con numerose lenticelle allungate anch'esse orizzontali; con l'età diviene rosso-bruna scura, con grosse lenticelle allungate e appiattite orizzontalmente, forma un ritidoma poco spesso che si stacca in strisce e placche ad anello.
I rametti sono glabri, grigi poi rossicci, la pianta giovane forma solo rami di allungamento(macroblasti), poi dopo pochi anni, inizia la formazione di brachiblasti (rametti corti e tozzi che portano gemme ravvicinate, di cui la centrale è una gemma a legno e formano dei pseudoverticilli), le gemme a legno (quelle di accrescimento) sono ovali, acute, mentre quelle a fiore sono globose, pluriperulate, glabre.

Foglie, fiori, semi:
la disposizione delle foglie sui rametti di accrescimento sono spiralate, alterne, semplici, penninervie, lunghe 5-15 cm, con margine serrato e con le nervature secondarie che si riuniscono prima di arrivare al margine, di colore verde scuro e glabre sulla pagina superiore, più chiare e inizialmente leggermente pubescenti in quella inferiore. Il picciolo è glabro di 2-4 cm che porta 2 (3) caratteristiche ghiandole rossicce a ridosso del lembo fogliare con funzione di nettari; in autunno le foglie a secondo dell'andamento stagionale, assumono colorazioni molto ornamentali dal giallo oro al rosso cupo.
Ha fiori perfetti tipici delle rosacee,(5 meri) ermafroditi, lungamente peduncolati, con calice verde e glabro, composto da 5 sepali che si piegano all'indietro e corolla formata da 5 petali bianchi smarginati all'apice, 15-25 stami lunghi come i petali e antere gialle; l'ovario e lo stilo sono glabri. I fiori sono riuniti in ombrelle pauciflore sui brachiblasti, la fioritura avviene normalmente da aprile a maggio normalmente inizia prima della fogliazione e l'impollinazione è entomofila (insetti), il ciliegio selvatico è una specie autoincompatibile e di conseguenza ha bisogno, per fruttificare, di polline proveniente da altre piante della stessa specie.(molte cultivar invece sono autofertili).
I frutti sono drupe che maturano un paio di mesi dopo l'impollinazione, tonde di circa 1 cm, con epicarpo a maturazione, dolce, succoso, edule e di colore rosso cupo, molto ricercato dagli uccelli ("avium" significa, degli uccelli) , ma anche dai mammiferi. L'endocarpo (nocciolo) è legnoso, duro e discretamente impermeabile, anche il tegumento del seme è abbastanza impermeabile, ma soprattutto ha l'embrione profondamente dormiente (ortodosso) e varia da seme a seme; la rimozione della dormienza richiede 4-5 mesi di chilling, con due settimane a 25° C e periodi più lunghi a 4-5 °C. ma la risposta non è sempre uguale per tutti i semi. Buona la facoltà germinativa 70-80%.

Legno, apparato radicale:
specie pregiata anche per il suo legno che è semiporoso, discolore con alburno biancastro e duramen rosato- giallastro- brunastro, lucente a tessitura fine, facilmente lucidabile e rifinibile; è molto ricercato per mobili ed ebanisteria ma anche strumenti musicali e intarsio.
L'apparato radicale è esteso obliquo, scende notevolmente in profondità e il suo approfondimento viene inibito solo da suoli asfittici duri e pesanti.

Areale, ecologia:
è quanto mai arduo definire l'areale del ciliegio selvatico in quanto è stato diffuso dall'uomo in tempi antichissimi, si pensa che sia originario dell'Asia occidentale ma forse anche dell'Europa centrale e nord occidentale come dimostrano molti resti fossili e archeologici, pare sia stato raro allo stato spontaneo, nella regione mediterranea. Ora si trova in tutta Europa, a ovest raggiunge il nord della penisola Iberica , a nord raggiunge l'Inghilterra, Danimarca, Svezia e Norvegia, a est le pianure del Don e con areali frammentati, il Caucaso e l'Anatolia settentrionale, a sud raggiunge la Grecia ed è presente sulle montagne di Tunisia e Algeria.
In Italia è presente su tutto il territorio ma, probabilmente spontaneo su suoli tendenzialmente sub-acidi al nord dal piano nell'orizzonte delle latifoglie eliofile, fino all'orizzonte montano delle latifoglie sciafile, cioè dal Castanetum sottozona fredda al Fagetum, ma pare che il suo optimum sia nel Fagetum sottozona calda.
Specie eliofila, rustica, plastica si adatta anche a suoli carbonatici, molto resistente anche alle basse temperature; si trova sporadico o a piccoli gruppi nei querceti a Roverella e Cerro e negli orno-ostrieti del centro e al sud; al nord lo si trova nelle radure che colonizza molto facilmente, nel bosco misto caducifoglio ai margini delle faggete anche con Abete bianco, ma soprattutto con Acero montano, Olmo montano, Rovere. Su suoli superficiali e carbonatici risente di eventuali carenze idriche, vuole stazioni fertili specialmente ricche di azoto e adeguatamente rifornite d'acqua; se rispettate queste esigenze unite ad una adeguata luminosità diventa una specie utile per rimboschimenti e colonizza facilmente, come specie pioniera, ex coltivi e pascoli abbandonati assieme a Betulla.

Note, possibile confusione:
Il ciliegio selvatico se da utilizzare per la produzione di legname di pregio, non va lasciato invecchiare oltre i 60 anni di età, in quanto è soggetto a formare, partendo dal midollo un vuoto all'interno del tronco che lo deprezza notevolmente.
Il nome ciliegia o ceresia ha origine iraniana (Kirahs, keras) poi latino ceresia, spagnolo ceresa, francese cerise, inglese cherry, tedesco kirsche. Il nome della amarena o marasca deriva dal latino amarus. Dalle ferite o cretti da gelo di rami e tronco che danneggiano il cambio, fuoriesce una resina gommosa color ambra che viene utilizzata in farmacia. I piccioli dei frutti sono diuretici.
Da molti la varietà selvatica viene indicata come var. silvestris,Dierb.. Le varietà a polpa molle var. juliana L. e quelle a polpa dura var. duracina L.
Spesso nelle vicinanze di abitazioni, si possono incontrare individui inselvatichiti di cultivar, di non facile determinazione (di solito hanno foglie e frutti più grandi).
Si può confondere con P. cerasus L. Marena o marasca, che è un alberetto molto pollonifero radicale e con stoloni, spesso cespuglioso che non tende ad invadere boschi naturali che ha picciolo senza ghiandole nettarifere e foglie più piccole ovali o al massimo lanceolate finemente dentellate, produce frutti piccoli rotondi un po' schiacciati all'attacco del picciolo lucidi rosso molto scuro a maturazione e di sapore amarognolo.

Principali fonti:

"Botanica forestale di R. Gellini e P. Grossoni, CEDAM 1997
"Latifoglie nobili dei nosti boschi" quaderni di Monti e boschi di G. Bernetti e M. Padula, Edagricole 1984
"Flora d'Italia" di S. Pignatti 1982
"Alberi e arbusti in Italia" di M. Ferrari e D. Medici, Edagricole 2003
"Monti e boschi" Edagricole
"Flora, fitocenosi e ambiente" D. Ubaldi CLUEB 2003
"Guida ai suoli forestali" di E. Abramo, G. Michelutti, D.R.F. 1998
"Elementi di fitosociologia" di A. Pirola, CLUEB 1999
"La vegetazione forestale e la selvicoltura nella regione Friuli.V.G." di R. Del Favero e L. Poldini D.R.F. 1998
"Insetti e funghi dannosi ai nostri boschi nel Friuli.V.G. di F.Stergulc e G. Frigimelica

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Prunus dulcis (Miller) D.A.Webb
Sinonimi: Amygdalus communis L.,Prunus amygdalus Batsch,Prunus communis Arcang. non Hudson

Nome italiano: Mandorlo
Nome inglese: Sweet almond

SISTEMATICA

Regno: Plantae
Tipo: Spermatophyta (piante con semi)
Sottotipo: Angiospermae (piante con fiori)
Classe: Dicotyledones
Sottoclasse: Rosidae
Ordine: Rosales
Famiglia: Rosaceae

DESCRIZIONE: Albero alto 5-10 m. con foglie alterne, lanceolate, seghettate, fiori con 5 petali bianchi (con sfumature rosee) e molti stami, frutto costituito da una mandorla.
Forma biologica: P scap
Periodo di fioritura: II-III
Altitudine: 0/800 m.
Frequenza al Nord: C
Frequenza al Centro: C
Frequenza al Sud: C
Frequenza nelle Isole: C

 

 

Prunus spinosa L.

FAMIGLIA:Rosaceae

NOMI VOLGARI: pruno selvatico, prugnolo, strangolacane, susino di macchia.

DESCRIZIONE: arbusto o piccolo albero caducifoglio, con base strisciante,provvisto di spine terminali, ha i ramoscelli brunastri o grigi, tormentosi.

FOGLIE: sono alterne, ellittiche, coriacee, dentate, brevemente picciolate, la pagina superiore è opaca, glabra e di color verde scuro, quella inferiore pubescente. Compaiono dopo la fioritura.

FIORI: sono ermafroditi, peduncolati, nascono isolati o raggruppati a piccoli mazzetti, hanno calice lanceolato, intero; i petali sono bianchi di forma leggermente ovale. Hanno molti stami, muniti di lunghi filetti e di antere gialle; l’ovario è immerso nel calice. Precedono le foglie, compaiono a febbraio-marzo

FRUTTI: sono drupe sferiche di colore blu, pruinose a maturità.

HABITAT: è una specie rustica che si adatta a terreni poveri e sassosi, lo si può trovare lungo le strade,negli incolti e al limitare dei boschi.
È fra i primi ad insediarsi nei terreni abbandonati, in Italia è pianta comune e vegeta fino a 1.500 m.

CURIOSITÀ: il prugnolo, grazie alla facilità con cui radica, forma macchie di cespugli impenetrabili, dove gli uccelli, trovano rifugio ideale per nidificare.
Il legno, molto duro, può essere usato con ottimi risultati, per fabbricare bastoni da passeggio.
In estremo oriente, i suoi candidi fiori, sono considerati il simbolo della primavera e della purezza.
I frutti molto aspri, contengono vitamina C, possono essere raccolti dopo le prime gelate, quando raggiungono la maturazione, per farne liquori, bibite, marmellate.
Con alcool, zucchero, vino bianco e bacche di prugnolo mature, si può preparare un buon liquore digestivo; con la distillazione dei frutti,invece, si ottiene dell’ottima acquavite.
Il prugnolo ha proprietà astringenti, depurative, febbrifughe, toniche, lassative e diuretiche; in particolare i fiori possono essere usati per infusi diuretici e lassativi, contro i raffreddori e il mal di gola, si usa l’infusione di foglie, i frutti secchi invece permettono di preparare un estratto contro le diarree, per i gargarismi si può usare un decotto di corteccia secca.